mercoledì 22 luglio 2009

L'Arciere sulcitano

Il Cleveland Museum of Art (Ohio) ha restituito all'Italia 14 reperti, trafugati dai tombaroli ed usciti illegalmente dal nostro paese, grazie a un'operazione voluta e realizzata da Carabinieri, Avvocatura dello Stato, Ministero dei Beni culturali, Magistratura, e resa possibile, ovviamente, dalla disponibilità del museo statunitense. Fra questi spicca un bronzetto di età nuragica, databile al IX-VIII secolo a.C., che raffigura un arciere con l'arco in spalla. Il reperto fu probabilmente trovato da qualche tombarolo presso il complesso nuragico di Grutt'e Acqua, nell'isola di Sant'Antioco, dove presto ritornerà per essere definitivamente esposto nel Museo Archeologico Comunale "Ferruccio Barreca". Subito ribattezzato "Arciere sulcitano", si distingue per la sua eccezionale fattura e per le sue ragguardevoli dimensioni, ben ventidue centimetri di altezza contro i dieci-quindici della media degli altri bronzetti. Esso raffigura un un soldato dotato di elmo sormontato da grandi corna di bue, con una arco nella mano sinistra e la destra alzata in segno di benedizione.

I cosiddetti "bronzetti" nuragici sono stati rinvenuti principalmente all'interno o in prossimità degli antichi luoghi di culto dell'epoca, quali soprattutto i ben noti "templi a pozzo". I bronzetti, che raffiguravano divinità o personaggi offerenti oppure oggetti legati al prestigio o alla vita quotidiana, erano offerti al tempio probabilmente sia per impetrare una grazia sia come ex-voto. Il numero dei bronzetti noti non raggiunge i 700 esemplari, anche se il numero di quelli falsi è considerevole e trova ospitalità anche presso prestigiosi musei europei e ricche collezioni private.

Il tesoro di Misurata torna a risplendere

Il più grande tesoro monetale romano, ritrovato nel 1981 a Misurata, in Libia, è fruibile in tutto il suo splendore grazie al lavoro dell'Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), che ha coordinato il restauro, lo studio storico, l'analisi composizionale e la digitalizzazione di questo patrimonio. Il tesoro, composto da 108 mila monete, fu rinvenuto casualmente durante l'esecuzione di lavori agricoli, dentro grossi vasi (olle, brocche, anfore), sotterrati in prossimità di due edifici, facenti parte forse di un luogo di cambio dei cavalli del cursus publicus - il servizio per il trasporto di merci o plichi appartenenti allo Stato - e di persone che viaggiavano per conto dell'amministrazione centrale. Databili tra il 294 e il 333 d.C., queste monete sono nummi (folles), ossia prodotti con una lega rame-stagno-piombo comprendente una piccola quantità di argento, caratterizzati da un arricchimento superficiale sottilissimo con il medesimo metallo. Anche se non è da escludere che il tesoro dovesse essere costituito da un numero maggiore di esemplari, si tratta più grande ritrovamento non solo di epoca romana, ma, probabilmente, di tutto il mondo antico. Oltre che per le dimensioni il rinvenimento si distingue perchè che getta nuova luce sia sulla storia dell'economia e della circolazione monetaria in Tripolitania nella prima metà del IV secolo d.C., sia sulla metallurgia e la tecnologia della produzione monetale di quel periodo.
Ma a chi apparteneva questo patrimonio? Si possono avanzare due ipotesi: il tesoro potrebbe essere il contenuto di una cassa destinata a erogare pagamenti oppure al ritiro di monete messe "fuori corso" anche al fine di recuperarne, mediante rifusione, il contenuto in argento.

Le monete, a partire dal 2007, sono state oggetto di un'accurata serie di analisi fisiche non distruttive, volte a definire la percentuale del contenuto in argento nella lega e a precisare, in associazione con altri metodi di indagine, la tecnologia di fabbricazione, elementi che aiutano a ricostruire l'inflazione e le periodiche crisi economiche e monetarie che travagliarono in quei decenni l'impero romano. Le misure si basano sull'utilizzo di sorgenti radioattive messe a disposizione dai laboratori del Cnr e dell'Istituto nazionale di fisica nucleare.

martedì 14 luglio 2009

Un'antica icona di San Paolo nelle catacombe di Santa Tecla a Roma

A Roma nelle catacombe di Santa Tecla, sulla via Ostiense, è stata scoperta una icona raffigurante San Paolo, risalente al IV secolo d.C. I restauratori che lavorano da oltre un anno al restauro delle catacombe, nel ripulire con il laser la patina calcarea che ricopre la volta dell'ipogeo, hanno messo in luce il volto di San Paolo: l'ovale magro, gli occhi grandi e profondi, la calvizie incipiente, la fronte ampia solcata da rughe di riflessione, la barba lunga a punta, insomma l'Apostolo raffigurato con i tratti tipici del pensatore e in particolare di Plotino, filosofo di riferimento della tarda antichità.

Quando fu affrescato, alla fine del IV secolo, Agostino non aveva ancora scritto Le Confessioni, quell'immagine di San Paolo riservata al culto è la più antica icona dell'apostolo finora conosciuta. La scoperta risale al il 19 giugno 2009 e rappresenta un evento straordinario che suggella in modo inatteso e sorprendente la conclusione dell'anno giubilare dedicato a San Paolo.

Le catacombe di Santa Tecla, lungo la via Ostiense, poco distanti dalla Basilica di San Paolo fuori le mura, sono note dal Settecento. Ė una catacomba comunitaria, vi si trovano i resti di centinaia di cristiani che vollero farsi seppellire vicino a Santa Tecla, una martire romana che non va confusa con la santa omonima amica di San Paolo, protagonista dell'antico apocrifo Acta Pauli et Theclae. Sulla volta c'è il viso di San Paolo, circondato un cerchio (clipeo) giallo oro su rosso vivo e, accanto, un altro ritratto di San Pietro, la «roccia», raffigurato quindi con il volto più forte e rude del pescatore. Una sepoltura raffinata, che potrebbe essere ispirata alla basilica dei tre imperatori, dedicata a San Paolo e voluta da Costantino, che nel IV secolo fu costruita poco lontano e andò distrutta nell'Ottocento. Nel cubicolo sono stati scoperti altri due apostoli, forse Giovanni e Giacomo, e ancora un Daniele tra i leoni e il sacrificio di Isacco.